Gli eventi dell'11 settembre hanno rivestito assoluta centralità per l'attività informativa del semestre, rappresentando - prima ancora che una concreta espressione del grado di pericolosità raggiunto dal terrorismo internazionale di matrice islamica - una sorta di nuovo modello offensivo, un vero e proprio prototipo tattico e concettuale di "guerra del terrore" dalla dirompente portata strategica.
Ne ha costituito palese conferma la sensazione ampiamente diffusasi nel mondo occidentale, e mai così avvertita prima d'ora, della vulnerabilità della sicurezza collettiva rispetto ad intenti distruttivi rispondenti non a tradizionali logiche di tipo militare, ma a disegni di contrapposizione ideologica più mediati eppure sorretti da inedite ed allarmanti potenzialità.
Ineludibile è quindi apparsa, per gli organismi informativi, l'esigenza di elaborare tempestive ed adeguate strategie di contrasto.
Individuando gli aspetti di maggiore insidiosità dell'organizzazione terroristica di Bin Laden nella transnazionalità, nella "polverizzazione" in numerosi contesti geopolitici e nella disponibilità di notevoli risorse tecnologiche e finanziarie, il comparto intelligence, in coerenza ed a supporto delle determinazioni assunte dal Governo nel contesto internazionale, si è mosso secondo tre direttrici di fondo: l'approfondimento della cooperazione e dell'interscambio informativo con gli omologhi Servizi esteri, lo sviluppo calibrato dell'intelligence economica, l'incremento dell'attenzione sulla minaccia non convenzionale, specie chimico-batteriologica.
Sono stati creati a tal fine, appositi strumenti operativi interforze intesi ad assicurare un concreto raccordo tra le differenti realtà istituzionali - informativa, scientifica e tecnico-amministrativa - chiamate a dare il proprio contributo per realizzare un'azione preventiva tanto più efficace quanto più "interdisciplinare".
Parallelamente si è dato avvio ad una riorganizzazione delle risorse umane e materiali disponibili, implementando e qualificando ulteriormente la ricerca informativa anche mediante l'affinamento delle specifiche professionalità e focalizzandola sull'individuazione di eventuali "cellule dormienti" in territorio nazionale dei collegamenti degli ambienti integralisti con le sponde strategiche e direzionali degli spostamenti dei militanti in ambito europeo ed extracontinentale, nonché dei canali di finanziamento impiegati dalle formazioni radicali.
La connessione, genetica ovvero strumentale, del terrorismo di matrice islamica con situazioni di crisi e con taluni ambiti territoriali ha poi sollecitato una mirata attività di intelligence sia in direzione dei luoghi di origine, sia di quelli di possibile penetrazione, mentre altrettanto specifico è stato l'impegno dedicato agli incrementati rischi legati alla proliferazione di armi di distruzione di massa ed alle perduranti attivazioni spionistiche in danno del nostro Paese.
L'assoluta rilevanza degli sviluppi intervenuti sul fronte esterno della minaccia ha contestualmente richiesto di accentuare l'ottica internazionale nei confronti di quei fenomeni, come la criminalità organizzata, che vedono interagire espressioni endogene ed estere ed alimentano, non di rado in connessione con l'immigrazione clandestina, circuiti sovranazionali, e relativi "terziari" dell'illegalità, di cui potrebbe servirsi il terrorismo internazionale per movimentare militanti e poste finanziarie.
Dalla nuova congiuntura risultano altresì promanare spunti strumentalmente ripresi dall'eversione e dall'antagonismo interni per rilanciare la contestazione violenta antisistema, connotandola in chiave antimilitarista, antiatlantica ed antioccidentale.
Ciò in coerenza con un risalente disegno strategico mirante a convogliare le espressioni estreme del dissenso in un fronte unitario il cui collante è rappresentato da rivendicazioni e motivi propagandistici di carattere "trasversale".
Possono leggersi in questo senso gli inserimenti della componente radicale nel composito movimento antiglobalizzazione registrati in occasione del vertice G8 di Genova.
La portata simbolica di tale evento, potenziale catalizzatore di molteplici vettori di minaccia, ha trovato riscontro, sul piano informativo, nelle segnalazioni sul possibile convergere di attivazioni dell'integralismo islamico, del terrorismo ideologico e dell'area autonoma ed anarchica, e nei fatti, nelle violenze poste in essere da nuclei del cd. black bloc.
Questi, del resto, si sono confermati nuovi e peculiari soggetti destabilizzanti, animando uno scenario di mobilitazione che non ha mancato di giovarsi delle potenzialità offerte - in termini di propaganda e proselitismo quando non di vero e proprio attacco di tipo intrusivo - dalla tecnologia dell'informazione. Settore, quest'ultimo, cui è rivolto un particolare impegno, non solo per le iniziative di natura antagonista e criminale portate attraverso lo strumento informatico, ma specialmente in relazione all'eventualità di atti di cyberterrorismo diretti contro infrastrutture telematiche di interesse strategico.
Si evince dal quadro esposto come l'intelligence, peraltro sensibilizzata anche su ulteriori molteplici versanti, come quelli delle ecomafie, del fenomeno delle sette e dei fermenti separatisti ultraradicali, sia chiamata a misurarsi con un composito panorama della minaccia in cui l'interazione dinamica tra diversificati profili di rischio integra plurime aggressioni a beni fondamentali tutelati dall'ordinamento democratico.
a. brigatismo e sinistra extraparlamentare
L'attività di intelligence in direzione dell'eversione interna resta prioritariamente rivolta verso la minaccia proveniente dalle "Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente" (BR-PCC) e dai gruppi che ad esse si ispirano, in ragione del perdurante proposito di rilanciare la lotta armata ancorandola a strumentali interpretazioni di eventi interni ed internazionali. A fornire pretesto per una ripresa delle iniziative violente possono concorrere tanto congiunture di ordine economico-politico quanto la situazione mondiale scaturita dopo l'11 settembre, in grado di offrire al circuito clandestino nuove motivazioni per sviluppare proiezioni offensive antioccidentali. Ciò, mentre taluni documenti manifestano la progressiva tendenza ad assecondare istanze di lotta del fronte extraparlamentare più radicale, verosimilmente allo scopo di attrarre militanti verso percorsi più marcatamente antisistema.
Emblematiche dell'intento di agganciarsi al più vasto contesto antagonista appaiono le sortite propagandistiche di vario tenore, precedenti e successive al Vertice G8 di Genova, intese a sfruttare l'evento per incanalare la contestazione verso derive eversive.
Inoltre, qualora dovesse trovare spazio una matrice d'area, lo stesso attentato dinamitardo contro il tribunale di Venezia del 9 agosto apparirebbe ispirato a logiche ritorsive per i "fatti di Genova" e volto a guadagnare consensi.
Se la produzione documentale fa registrare sempre più frequenti richiami alla riaggregazione intorno al progetto delle "BR-PCC" dell'intera area eversiva - articolata in una molteplicità di sigle, sovente contigue - risultano nel contempo indicativi della volontà di conseguire ulteriore risonanza e visibilità i documenti contenenti esplicite esortazioni a mettere in pratica disegni terroristici diffusi, in sintonia con la componente carceraria irriducibile, a seguito dell'attacco alle Twin Towers.
In tale contesto restano alla particolare attenzione gli sviluppi del settore a seguito dell'intervento militare in Afghanistan, per la possibilità che i segmenti eversivi improntino nuove "campagne di lotta" a tematiche di particolare presa negli ambienti più radicali, quali l'antimilitarismo di segno antistatunitense ed anti-NATO.
Quanto sopra anche in relazione all'eventualità di convergenze, pur solo programmatiche, con frange del fondamentalismo islamico basate sulla comune avversione al modello di vita occidentale, nell'ambito di un progetto teso a costituire un'unica articolazione "antimperialista" nella quale ricomprendere formazioni terroristiche dell'area europea, mediterranea e mediorientale.
In tal quadro, il proposito, posto in luce dall'analisi della pubblicistica eversiva, di stimolare un percorso operativo che coniughi forte proiezione internazionalista e decisa ostilità nei confronti della compagine governativa per le scelte in materia di politica economica ed estera, delinea il rischio che il terrorismo brigatista possa predisporsi a nuovi interventi offensivi, calibrati ora contro obiettivi simbolo dei principali Paesi partecipanti all'operazione "Enduring Freedom", ora contro le espressioni e le personalità del mondo politico, sindacale ed imprenditoriale maggiormente impegnate nelle riforme economico-sociali e del mercato del lavoro, e, segnatamente, quelle con ruoli chiave in veste di tecnici e consulenti.
D'altro canto, gli stessi ambienti oltranzisti con connotazioni semiclandestine, in via di ricompattamento, hanno mostrato rinnovato dinamismo in contesti sensibili, finalizzato ad integrare in un'ottica rivoluzionaria le istanze estreme provenienti tanto dalla contestazione antiglobalizzazione ed anticapitalista quanto dalle proteste operaie.
Restano, altresì, al centro dell'attenzione informativa gli ambienti dell'anarchismo-insurrezionalista, coerenti con il collaudato schema operativo improntato allo spontaneismo ed all'azione diretta, cui sono da ricondurre le iniziative, che non escludevano effetti cruenti, attuate alla vigilia del Vertice G8 di Genova, mediante la predisposizione di inneschi esplosivi diretti contro un ampio arco di soggetti rappresentativi delle forze di polizia, dell'informazione e dell'imprenditoria.
In questo senso, sia gli episodi di violenza posti in essere durante il Vertice G8 anche ad opera di anarchici di varie nazionalità, sia le azioni dinamitarde di segno ritorsivo, compiute specie in Grecia ed in Spagna, confermano una crescente sintonia tra i vari ambienti, potenzialmente prodromica alla costituzione di una sorta di fronte sovranazionale imperniato su tematiche quale, in primo luogo, la contestazione ai regimi detentivi di massima sicurezza.
In siffatta cornice, l'evolversi della situazione internazionale potrebbe fornire ulteriore impulso alle iniziative dell'area insurrezionalista, tradizionalmente attestata su posizioni di acceso antimilitarismo e portatrice di una propaganda, permeata da toni aggressivi, che fa temere atti dimostrativi contro le forze dell'ordine, il sistema giudiziario e penitenziario nonché obiettivi simbolo del sistema occidentale, quali vengono considerati in un'ottica distorta, le multinazionali, gli istituti di credito e le grandi opere di modernizzazione (trasporti, energia, telecomunicazioni) per l'asserito impatto sull'ambiente.
Non a caso avevano queste caratteristiche i bersagli privilegiati dalle violenze perpetrate da nuclei del cd. "black bloc", le cui articolazioni operative, come già evidenziato in occasione di analoghi consessi, hanno mostrato di poter contare su solidi legami con strutture e/o militanti locali e sembrano aver acquisito la capacità di conseguire crescenti forme di coordinamento, almeno per la durata dell'evento in cui decidono di agire.
In seno all'area antagonista, il tragico epilogo delle proteste antiglobalizzazione nel Capoluogo ligure ha determinato un'ulteriore divaricazione tra le strategie dell'ala moderata e quelle dei gruppi oltranzisti, nell'ambito dei quali ultimi sono stati rilevati propositi di dare attuazione ad iniziative ancora più incisive.
Le componenti radicali hanno, infatti, interpretato quegli eventi come circostanza favorevole per un rilancio della protesta antisistema, ritenendo altresì, occasione propizia sia la congiuntura interna che internazionale.
Talune frange, proprio in occasione dell'intervento bellico in Afghanistan, hanno fatto registrare un incremento dei toni e del livello della protesta - sino a "giustificare" le azioni terroristiche contro gli USA - tentando di convogliare i fermenti, presenti anche in altri campi, come quello studentesco, in funzione antimilitarista ed antistatunitense.
Il nuovo dinamismo palesato dal settore nelle mobilitazioni all'estero e nella ricerca di convergenze con omologhe formazioni straniere induce a ritenere concreto il rischio della riproposizione di progettualità radicali in occasione di futuri consessi di richiamo internazionale. Per tale motivo, l'attività informativa è incentrata, fra gli altri, sul vertice della FAO sull'alimentazione, previsto nel prossimo giugno a Roma, che prima del suo rinvio, aveva già fatto registrare attivazioni dell'area estremista.
b. destra extraparlamentare
Il quadro informativo sull'estrema destra evidenzia come la crisi internazionale abbia conferito nuovo slancio alla mobilitazione d'area, con accentuazione dei toni propagandistici in chiave antistatunitense ed antiebraica.
In questo contesto, dopo gli eventi terroristici dell'11 settembre, hanno assunto un ruolo di impulso alcune formazioni, che hanno fatto registrare, seppur con diverse sfumature, esplicite condivisioni del disegno integralista islamico non mancando di formulare espressioni in favore di Bin Laden.
Al di là della portata enfatica e provocatoria di tali atteggiamenti, questi appaiono costituire la traduzione di un orientamento di aperta contrapposizione all'Occidente ed ai suoi modelli che viene perseguito con particolare incisività da circoli oltranzisti connotati da un rimarchevole dinamismo sul piano del proselitismo e della tessitura di collegamenti con ambienti fondamentalisti in Italia ed all'estero.
Per altro verso, l'attivismo evidenziato dal settore in occasione del vertice G8 contro organismi finanziari internazionali conferma il proposito di conseguire maggiori consensi e visibilità, sfruttando anche filoni di contestazione connessi all'antiglobalizzazione, propri del fronte di opposta matrice.
I gruppi dell'area "skinhead", presenti soprattutto nelle regioni nordoccidentali, proponendosi come punto di riferimento alternativo per forme forti di ribellione al sistema, continuano ad essere impegnati nell'azione di reclutamento, per la quale attingono specialmente presso le fasce dell'emarginazione sociale, meno scolarizzate ed integrate, facilmente permeabili da modelli comportamentali improntati all'intolleranza ed alla prevaricazione.
Queste frange "skinhead" seppur modeste sotto il profilo numerico, sono da tempo oggetto d'interesse da parte dei settori maggiormente ideologizzati che tentano di attrarle nella propria orbita, in un disegno strategico teso a coagulare l'intera area ed a potenziare il bacino di riferimento, anche attraverso il collegamento al mondo studentesco ed ai contesti sociali alle prese con problematiche occupazionali.
In un quadro di esaltazione di tematiche ultranazionaliste, asse portante ideologico resta la dura avversione all'immigrazione, da cui scaturiscono profili di rischio connessi all'accentuarsi, nei nuclei più fanatici, della disponibilità ad attuare gesti estremi di matrice xenofoba, nonché forme di contrapposizione violenta nei confronti di gruppi di segno avverso.
Spunti neonazisti ed antisemiti - rilanciati pure da appositi siti d'area - continuano a costituire il sostrato su cui si realizzano significative convergenze con omologhe formazioni europee, suscettibili di indurre gli ambienti più radicali a tradurre concretamente la comune ostilità verso Israele e Stati Uniti. A rilievo, in proposito, il ruolo tuttora esercitato quali "interessati" catalizzatori delle pulsioni dell'estrema destra, da ex terroristi ancora attivi sotto il profilo ideologico ovvero dediti ad attività delinquenziali.
c. altre aree di attenzione
Segnali propagandistici di matrice separatista continuano ad essere rilevati in taluni contesti regionali ad opera di settori radicali sempre propensi a strumentalizzazioni antitaliane.
Il fenomeno resta all'attenzione in relazione a possibili sviluppi di disegni controindicati ad opera di isolate frange, che potrebbero ricevere stimoli da ambienti ideologicamente motivati d'oltreconfine.
a. gruppi endogeni
Le dinamiche dei sodalizi criminali confermano come i rischi più consistenti provengano ancora dalla loro capacità di radicarsi e svilupparsi sul territorio, sfruttando ogni opportunità per infiltrare il tessuto economico-sociale del paese. Anche l'evoluzione del quadro internazionale può offrire al settore nuove occasioni di illecito e di mimetizzazione in uno scenario gravato dalla pervasiva presenza di sempre più aggressivi gruppi stranieri.
Specifica attenzione informativa è rivolta agli assetti strutturali ed alle strategie delle principali organizzazioni, al fine di individuarne tempestivamente mutamenti di indirizzo e di obiettivi.
In Campania, la camorra continua ad affiancare alle tradizionali attività illegali la progressiva penetrazione in alcuni comparti, come quelli del terziario e del commercio, che rappresentano canali di riciclaggio privilegiati, a testimonianza della dimensione imprenditoriale assunta da molte consorterie, capaci di subentrare gli operatori, già messi in difficoltà dalle attività estorsive.
L'interesse dei clan resta inoltre concentrato sui traffici di stupefacenti e tabacchi nonché sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, fonte di notevoli profitti derivanti sia dalla gestione delle discariche abusive sia dalla raccolta attraverso ditte di comodo aggiudicatarie degli appalti.
Nel capoluogo partenopeo e nella provincia permangono situazioni di conflittualità, prevalentemente riconducibili ai tentativi delle diverse aggregazioni di acquisire l'egemonia nelle rispettive zone di influenza.
Vigilanza informativa è stata altresì riservata all'evoluzione dei rapporti tra le varie formazioni operanti nel resto della regione. In particolare mentre nel Salernitano sussiste il rischio di una ripresa di contrasti cruenti, dovuti a tentativi di inserimento nella gestione dei lavori pubblici, l'Avellinese, territorio di transito per i traffici illeciti tra la Campania e la Puglia gestiti dalle organizzazioni napoletane, è stato caratterizzato dall'attivismo di alcune famiglie che aspirano ad acquisire il controllo della tratta.
In Calabria, la scena criminale è segnata dalla crescita del fenomeno estorsivo ed usuraio nonché da un inasprimento della pressione intimidatoria nei confronti delle amministrazioni locali.
Le 'ndrine, attente a scoraggiare forme di collaborazione con la giustizia, restano particolarmente impegnate nel traffico di stupefacenti ed armi e continuano ad evidenziare l'intento di inserirsi nelle attività imprenditoriali e negli appalti di grandi lavori. Sotto questo profilo, particolare vigilanza sarà esercitata sugli ingenti investimenti previsti per la realizzazione di importanti opere pubbliche - come il progetto del ponte sullo stretto di Messina - sia per quanto concerne programmi a lungo termine sia per gli interventi a medio termine nel campo dei trasporti a delle infrastrutture.
L'innalzamento del livello di scontro tra clan registrato nel Reggino, potrebbe sottendere una rottura della "pax mafiosa" ed un tentativo di riassetto degli equilibri, analogamente a quanto avviene nelle aree di Catanzaro, Cosenza e Crotone, ove l'azione informativa ha evidenziato l'acuirsi delle tensioni interclaniche e tentativi di espansione di alcune cosche, mentre nel comprensorio di Vibo Valentia la locale criminalità va consolidando l'egemonia nel settore del narcotraffico e nell'infiltrazione negli appalti.
In Puglia, le organizzazioni malavitose hanno proseguito sulla via della diversificazione delle metodologie operative afferenti il contrabbando di tabacchi lavorati esteri, che resta, nonostante l'incisiva azione di contrasto, uno dei più importanti canali di approvvigionamento finanziario. La riduzione della vendita al minuto di sigarette ha determinato un sensibile incremento dei reati predatori (rapine ai danni di stazioni di servizio e supermercati, furti di autovetture e borseggi), essenzialmente ascrivibile al tentativo della manovalanza di convertirsi ad altre attività delinquenziali.
Le consorterie hanno inoltre manifestato crescente attivismo nel traffico di droga, gestito anche in collaborazione con altre formazioni criminali italiane e straniere, confermando la funzione delle coste pugliesi, segnatamente quelle salentine, quale principale luogo di arrivo e di smistamento per i traffici clandestini provenienti dai Paesi d'oltreadriatico.
La sostanziale fluidità della situazione all'interno dei clan operanti nella regione potrebbe favorire mutamenti specie nel capoluogo ed a Brindisi. A Lecce alcuni sodalizi storicamente rivali si sono evidenziati come propensi ad allacciare alleanze occasionali per l'attuazione di specifiche attività.
In Sicilia, le cosche affiliate a "cosa nostra" appaiono ancora determinate a mantenere una strategia di basso profilo, utile ad agevolare l'opera di riassetto interno ed il raggiungimento di equilibri stabili nonché per recuperare gli spazi di azione, ridottisi a seguito del fenomeno del pentitismo e della cattura di numerosi latitanti di spicco.
In detto contesto, trovano conferma la centralità strategica di una ristretta cerchia di capimafia, vicini a Bernardo Provenzano, ed il ricorso ad un'accentuata compartimentazione tra i vertici delle famiglie e gli affiliati che operano sul territorio. L'assenza di episodi delittuosi eclatanti appare funzionale anche a tentativi di inquinamento del circuito economico e sociale dell'isola ove, accanto alle grandi opere pubbliche, sono valutati a rischio di infiltrazione i previsti processi di privatizzazione (acqua, energia, trasporti e rifiuti).
A Palermo, dove la costante espansione di una delle cosche dominanti potrebbe determinare conflitti con gruppi rivali, si va profilando, dopo alcuni arresti, una riorganizzazione delle attività estorsive, attraverso modalità di più rigido controllo del racket, che non escluderebbe l'eliminazione di elementi reputati inaffidabili.
Nel comprensorio di Agrigento le cosche, guidate da alcuni ricercati, hanno manifestato particolare interesse per gli appalti - come sembra indicare la recente costituzione di numerose imprese riconducibili ad ambienti della malavita locale - mentre nel Nisseno i ripetuti atti intimidatori sono da configurare come sintomatici di crescenti dissidi interni.
Per quel che concerne la parte orientale: a Catania ed a Messina perdurano situazioni di non belligeranza nel quadro di intese finalizzate ad una più efficace gestione dei traffici illeciti, stupefacenti in particolare; a Siracusa le scarcerazioni di alcuni elementi di spicco, operanti specie nel campo delle estorsioni, alimentano il rischio di azioni violente.
b. gruppi stranieri
L'attività informativa svolta in direzione dei sodalizi criminali esteri ne conferma la capacità di incidere sulle dinamiche e sugli equilibri delinquenziali nazionali, specie in ragione delle dimensioni organizzative e degli elevati livelli di specializzazione raggiunti.
Il carattere transnazionale dei circuiti illegali ha, infatti, determinato un processo di interazione fra le varie consorterie, che si presentano ormai in grado di intervenire in alcuni segmenti dell'illecito in maniera sinergica, mediante la creazione di alleanze tattiche tra gruppi di diversa nazionalità. Si inseriscono in tale momento espansivo i legami di cooperazione con la malavita endogena, in un quadro che, peraltro, già fa registrare forme di competizione e, in prospettiva, potrebbe determinare contrasti per il controllo del territorio o di settori di attività. In questo scenario, la criminalità albanese continua a svolgere un ruolo primario grazie all'uso consolidato di schemi operativi estremamente flessibili, che assicurano la gestione coordinata dei varie ambiti d'intervento, in collegamento con consorterie nazionali ed estere, queste ultime sovente riconducibili ai luoghi d'origine delle "merci" trattate, ovvero ai territori di transito verso l'Occidente.
Alla posizione pressoché monopolistica raggiunta nell'immigrazione clandestina e nello sfruttamento della prostituzione, si accompagna il crescente attivismo nel commercio di armi ed, in special modo, di droga, settore, questo, in cui quei clan sono diventati i principali referenti dei flussi che interessano il nostro Paese ed in cui viene registrata una diversificazione delle modalità di trasporto degli stupefacenti e delle fonti di approvvigionamento: alla cocaina acquistata dai sodalizi colombiani ed alla marijuana proveniente dall'Albania, si è affiancata l'importazione di eroina di origine afghana.
Il radicamento delle bande schipetare entro i confini nazionali, attestato dall'ampliamento delle attività incentrate sul territorio, rischia inoltre di generare fenomeni di reinvestimento dei capitali illeciti nel circuito economico e produttivo, potenziando ulteriormente la loro crescita strutturale ed organizzativa.
Il traffico di droga e quello di migranti, quest'ultimo finalizzato ad alimentare il meretricio, rappresentano i principali ambiti di intervento anche dei sodalizi nigeriani, caratterizzati da un'elevata compattezza interna basata, oltreché sui legami etnici, sulla diffusione di pratiche "magico-religiose".
Il monitoraggio informativo ha, inoltre, confermato la tendenza di quei gruppi ad agire nel settore delle estorsioni, nella contraffazione e nello smercio di documenti falsificati anche con la complicità di delinquenti italiani.
Peculiari tratti di impermeabilità caratterizzano i sodalizi cinesi, il cui operato, sovente circoscritto alle comunità di cinopopolari, si connota per il ricorso a pratiche intimidatorie ed estorsive, che ne hanno agevolato l'infiltrazione nelle attività economiche dei connazionali.
I principali ambiti di intervento di tali gruppi rimangono lo sfruttamento della manodopera in nero e la connessa gestione dell'immigrazione clandestina, in cui assumono rilievo i rapporti di cooperazione con referenti presenti nei Paesi dell'est europeo e nella penisola balcanica, snodo cruciale di detto traffico.
L'attività delle consorterie ex sovietiche, specie della c.d. mafia russa, si sostanzia principalmente in azioni dirette ad infiltrare i circuiti economici legali attraverso sofisticate tecniche finanziarie, intese a reinvestire le risorse provenienti dai commerci illeciti gestiti su scala internazionale.
Sono risultati in costante incremento anche i traffici di droga e di armi, nonché lo sfruttamento della prostituzione, sovente gestito in collaborazione con elementi malavitosi italiani.Non può sottacersi, infine, come la creazione, attorno a specifici traffici illegali, di un vasto "terziario criminale" delinei ulteriori profili di rischio connessi alla possibilità che di tali circuiti illeciti si serva il terrorismo internazionale per movimentare militanti e poste finanziarie.
Il contributo informativo al contrasto del crimine organizzato ha consentito, tra l'altro, la cattura di 15 latitanti, l'arresto di 23 persone di cui 18 per reati in materia di stupefacenti, oltreché il sequestro di esplosivo, tabacchi lavorati esteri, beni mobili ed immobili e valuta.
Gli attentati negli Stati Uniti non hanno mancato di fare sentire riflessi negativi nel campo dell'economia mondiale, in particolare sui comparti produttivi più direttamente connessi alla circolazione delle persone ed al trasferimento di beni, quali il trasporto aereo ed il turismo.
I contraccolpi già rilevati nel settore del turismo e del suo indotto potrebbero produrre situazioni delicate anche nel medio-lungo termine, specie in aree fortemente dipendenti dagli introiti di quel mercato.
Parimenti per quanto attiene il settore del trasporto aereo, sono state registrate consistenti perdite finanziarie con possibili conseguenze sul piano occupazionale e connesse tensioni sociali.
Segnali di sofferenza sono stati rilevati anche in quegli ambiti del "made in Italy" con forte vocazione all'export, sinora connotati da un sostenuto dinamismo e da un'elevata competitività a livello internazionale.
Nella prospettiva dell'entrata in vigore dell'euro massima attenzione è stata riservata ai tentativi di inserimento illecito della criminalità organizzata, in particolare alle operazioni di riciclaggio, alla falsificazione delle nuove monete, alle truffe ed alle rapine ai danni dei centri di produzione e di distribuzione. Come già posto in luce, i rischi di contraffazione della moneta e di incremento delle attività di riciclaggio sono più elevati nella fase della doppia circolazione a causa dei massicci concambi.
L'attività di monitoraggio delle dinamiche economico-finanziarie, oltre ad essere prioritariamente rivolta ai circuiti sospettati di attendere a funzioni di sostegno del terrorismo internazionale, ha evidenziato compagini societarie costituite con finanziamenti di dubbia provenienza, nonché operazioni di intermediazione in violazione della normativa vigente in un quadro generale in cui i più significativi inserimenti delinquenziali nei circuiti dell'economia reale sono da ricollegare al riciclaggio, viene confermata un'accentuata propensione a realizzare tali illecite attività attraverso tentativi di acquisire patrimoni immobiliari o imprese in difficoltà.
Quanto ai possibili rischi d'inquinamento criminale di matrice estera, sono stati individuati canali di movimentazione finanziaria verso l'Italia provenienti dall'Europa Orientale utilizzati da soggetti italiani e da società di credito e di intermediazione nazionali ed estere, anche operanti in Paesi a fiscalità agevolata, presumibilmente a copertura di traffici illeciti e dell'attività di riciclaggio dei proventi delinquenziali.
a. sicurezza ambientale
L'ambiente e le problematiche connesse restano all'attenzione dell'intelligence in ragione dei rischi per la collettività legati alle aggressioni all'ecosistema ed al sempre crescente attivismo delle cosiddette "ecomafie".
Il fenomeno degli incendi boschivi, rilevato soprattutto nelle aree meridionali nel periodo estivo, ha assunto notevole importanza in relazione agli inserimenti della criminalità ed ai danni ambientali ed economici che è in grado di produrre.
Non meno preoccupanti appaiono le prospettive della crescente scarsità di risorse idriche e della progressiva desertificazione di vaste aree territoriali, dove alla siccità si sommano carenze infrastrutturali delle reti di approvvigionamento.
In proposito, è stato evidenziato, come nella fase di prevista ristrutturazione del comparto, sussistano rischi di interferenze ad opera di ambienti delinquenziali - da tempo interessati alla gestione di pozzi e sorgenti, al trasporto ed alla vendita dell'acqua - che potrebbero disincentivare gli investimenti dell'imprenditoria legale, inficiando il processo di risanamento e modernizzazione del sistema.
Massima attenzione è stata rivolta all'attività dei clan, facenti parte della cd. "ecomafia", coinvolti nella gestione del traffico dei rifiuti che hanno progressivamente esteso il proprio controllo a tutte le diverse fasi del ciclo - raccolta, trasporto, occultamento e distruzione - ricorrendo a complesse metodologie operative che prevedono la costituzione di una fitta rete di intermediari e di società in apparenza pulite.
Anche in tale settore, a fronte del processo di ammodernamento strutturale, si ritiene possibile che si inneschino nuove situazioni di crisi legate ai tentativi di infiltrazione ad opera di gruppi criminali che, riconvertendo le attività tradizionali, si propongano sul mercato come nuovi soggetti imprenditoriali nella raccolta differenziata, nelle operazioni di vagliatura dei rifiuti e, specialmente, nella realizzazione delle opere di bonifica dei siti inquinati per le quali, oltretutto, sono previsti ingenti stanziamenti pubblici.
b. reti telematiche
Le incursioni ai danni di siti istituzionali, l'utilizzo della rete a fini propagandistici, la mobilitazione telematica attuata durante la preparazione e lo svolgimento del G8 di Genova così come le manifestazioni di dissenso in chiave antimilitarista e antiamericana derivate dalla crisi internazionale diffuse via Internet, indicano il ruolo assunto dal circuito informatico nell'ambito delle dinamiche della contestazione antagonista.
Parallelamente, l'accesso sempre più diffuso agli strumenti informatici ha fatto registrare la crescita di diverse tipologie di reato, alcune delle quali si connotano in termini peculiari proprio in ragione del medium utilizzato.
Accanto all'uso controindicato dello strumento informatico in ambito criminale ed antagonista, è altresì oggetto di peculiare attenzione la sicurezza delle infrastrutture nodali della tecnologia dell'informazione, in relazione all'eventualità di azioni di cyberterrorismo portate contro reti di rilievo strategico in uno scenario di rischio che postula il sinergico raccordo tra momento preventivo e repressivo e, soprattutto, tra istituzioni e privati.
c. fenomeno delle sette
Si conferma il progressivo incremento dell'attività di proselitismo dei movimenti pseudoreligiosi e delle sette, condotta anche attraverso la rete Internet, come dimostra il proliferare di sodalizi a sfondo occultistico-spiritistico, che possono contare su rilevanti disponibilità economiche, derivanti in taluni casi da attività truffaldine o da altri traffici illeciti (estorsioni, spaccio di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione).
La pericolosità del fenomeno si rapporta alla capacità di "manipolare" gli adepti, a volte fino ad annullarne la personalità, tanto da renderli totalmente asserviti alla volontà dei "capi carismatici".
In alcuni fori è emersa l'esigenza di pervenire in ambito europeo ad una maggiore omogeneizzazione della legislazione in materia, per consentire di far fronte efficacemente, in termini di prevenzione e repressione, a quei movimenti settari che attentano ai diritti della persona ed alle libertà fondamentali.
Il panorama della minaccia internazionale, all'interno del quale viene da tempo ritenuta prioritaria quella legata all'integralismo islamico, è stato connotato in termini dirompenti quanto drammatici dagli eventi dell'11 settembre.
Gli attacchi perpetrati oltreoceano hanno evidenziato la propensione del movimento islamista ad avvalersi della propria diffusione sullo scenario mondiale, e specialmente nei paesi occidentali, per il compimento di azioni terroristiche contro obiettivi fortemente "remunerativi" - tanto in termini di bilancio di vittime quanto sul piano propagandistico - affidate a nuclei operativi infiltrati "parassitariamente" nel tessuto sociale del territorio "ospite".
Tale aspetto tattico risulta coerente ed omogeneo rispetto alla connotazione universalista della strategia varata da Bin Laden, che ha fatto dell'internazionalizzazione della jihad uno dei fini prioritari perseguito ora innervando crisi regionali di cui viene accentuata la dimensione "confessionale" ora proponendo spunti, quali appunto l'antioccidentalismo, in grado di catalizzare consensi, ora riallanciandosi a tematiche "trasversali" alla comunità islamica - come la "liberazione" dei luoghi santi - ora, soprattutto, dando vita ad un articolato network radicale su scala planetaria.
In questo senso, proprio la pervasività delle presenze integraliste, la spiccata caratterizzazione multinazionale della galassia radicale ed i tratti del raccordo tra cellule e centrale direzionale del movimento islamista - che garantisce ai singoli nuclei un certo grado di autonomia, assicurando nel contempo la coesione tra militanti grazie alle comuni esperienze addestrative nei campi paramilitari afghani - inducono a ritenere che la minaccia posta da Al Qaida, e dall'ampio fronte estremista che ad essa si ispira, sia destinata a restare concreta ed incombente, pur a fronte dell'immediato ridimensionamento della leadership basata in Afghanistan.
Assumono in proposito peculiare rilievo i segnali registrati sul piano informativo circa la predisposizione di una trama terroristica di ampia portata che proceda per gradi di crescente intensità, inaugurata dagli attentati del settembre negli Stati Uniti. Quanto sopra anche in relazione alle indicazioni sul possibile impiego a fini terroristici di mezzi chimici, biologici e radiologici e sull'interesse palesato da Al Qaida per l'acquisizione di capacità operativa in campo non convenzionale.
Immediati profili di rischio per gli interessi occidentali, inclusi quelli italiani, sono altresì connessi alla segnalata, perdurante presenza di sacche di combattenti nel teatro afghano, nonché, specie nel medio termine, all'esfiltrazione dei militanti integralisti verso aree di crisi o di provvisorio riparo. Ciò in vista del loro intervento diretto in quei conflitti ovvero del successivo impiego in azioni terroristiche, sia in Occidente sia soprattutto in contesti territoriali particolarmente a rischio, vuoi per la presenza di forti componenti estremiste vuoi per la debolezza dei locali apparati di contrasto.
Al fine di cogliere le possibili linee evolutive della minaccia islamista, l'attività di intelligence, condotta anche in un ambito di intensa cooperazione internazionale, non manca parallelamente di focalizzarsi su quegli ambiti territoriali che, in ragione della fragilità istituzionale, potrebbero essere prescelti dalla dirigenza terroristica per ricostituirvi il proprio quartier generale, nonché su quelle componenti nazionali - poco note al di fuori dei paesi di origine, ma segnalate per l'adesione ideologica al progetto destabilizzante di Al Qaida - che potrebbero andare a formare le nuove file della militanza radicale e riproporne le proiezioni terroristiche all'estero.
Mentre specifico impegno è volto alla mappatura delle presenze radicali entro i nostri confini, particolare attenzione viene del pari riservata alla rilettura del pregresso patrimonio informativo sull'attività delle più significative articolazioni integraliste, specie nordafricane, operanti in Italia, attualizzando il quadro conoscitivo con gli spunti investigativi e d'intelligence emersi a seguito dell'aggressione portata agli USA. Questi hanno confermato l'estensione del reticolo radicale in Europa, l'accentuata mobilità dei militanti tra le nazioni del Continente, la stretta interconnessione esistente tra i vari poli dell'integralismo e tra questi nel loro complesso e la sponda afghana, nonché, soprattutto, l'esistenza di una strategia di marcata caratura terroristica che raccorda attività pur di segno diverso e di diverso spessore criminoso - dal finanziamento al falso documentale fino alla pianificazione terroristica vera e propria - in un unico disegno destabilizzante.
Assume rilievo, in questo quadro, il decreto legge 18 ottobre 2001 n. 374, convertito dalla legge 15 dicembre 2001 n. 438, che ha introdotto efficaci strumenti per contrastare il terrorismo internazionale e specialmente quei gruppi che non commettono attentati sul territorio italiano, ma assicurano sostegno logistico alle formazioni operanti all'estero.
Per quanto segnatamente concerne il nostro Paese, hanno trovato riscontro investigativo le acquisizioni concernenti il ruolo di spicco, nella trama integralista internazionale, della componente nordafricana che, da tempo segnalata per la trasversalità operativa di elementi di diversa origine nazionale e per i legami con nuclei di tipo operativo e direzionale basati nell'Europa centrosettentrionale, si è più di recente evidenziata per un riorientamento verso attività di chiara impronta offensiva contro obiettivi statunitensi, israeliani ed occidentali in genere.
In tale contesto, specifiche segnalazioni, in via di ulteriore approfondimento, hanno dato conto di pianificazioni terroristiche non di rado evidenziando il possibile uso quale avamposto in direzione del territorio nazionale, dell'area balcanica, ove è stato contestualmente rilevato un perdurante, rimarchevole attivismo di stampo integralista. Quella stessa regione resta intanto crocevia di quei commerci illegali transnazionali - specie traffico di droga ed esseri umani - che, in quanto potenzialmente impiegabili dal terrorismo internazionale a fini di autofinanziamento o quale via d'ingresso in Occidente, sono oggetto di una rafforzata azione anche nell'ambito della cooperazione ad otto cui è stato conferito peculiare impulso a livello d'intelligence.
Si pongono su tutt'altro piano, ma vengono tuttavia considerate con attenzione, le risultanze di un monitoraggio sul territorio nazionale che, comunque d'interesse in relazione all'accertato ruolo di taluni luoghi di aggregazione quali epicentri dell'attività di estremisti, ha assunto specifica valenza dopo gli eventi verificatesi oltreoceano. Vengono seguiti, in particolare, i segnali circa una tendenziale radicalizzazione di taluni settori, più permeabili a suggestioni antioccidentali ed inclini ad esprimere, anche quale mera esternazione di disagio, appoggio all'operato della galassia radicale.
Per altro verso, il riconnettersi, genetico ovvero strumentale, di talune espressioni del radicalismo a specifiche situazioni di conflitto, impone peculiare attenzione nei confronti degli sviluppi dell'islamismo armato nel teatro algerino e, soprattutto, verso le possibili evoluzioni tattico-strategiche dell'oltranzismo confessionale palestinese. Ciò, in relazione all'emergere di una nuova “generazione” di attentatori suicidi che mostrano - per estrazione sociale, istruzione e grado di inserimento nel tessuto civile - rimarchevoli affinità con gli attentatori di New York e Washington e, soprattutto, per l'eventualità che l'ulteriore contrazione dell'orizzonte perseguibile in loco spinga le formazioni integraliste a sortite operative al di fuori del quadrante mediorientale.
L'attività in direzione del terrorismo confessionale - al fine anche di coglierne possibili, nuovi modus operandi e di presagirne intenti attuativi - costituisce in realtà l'ampliamento e l'affinamento dell'azione di intelligence svolta nei confronti di tale specifico vettore di minaccia già prima degli attacchi negli USA, e specialmente in relazione a possibili profili di rischio per gli appuntamenti internazionali ospitati dall'Italia quale presidente di turno del G8.
In quel contesto, del resto, erano stati rilevati più indicatori circa possibili attivazioni del fronte integralista, a comporre un quadro di peculiare allarme integrato non solo dalle acquisizioni relative al carattere "strutturato" della protesta no-global di matrice anarchica, ma, altresì, dai segnali circa l'intento di penetrare nel composito fronte della protesta fatti registrare da diverse formazioni terroristiche europee, oggetto di peculiare attenzione anche per gli analoghi propositi palesati contro il previsto vertice Nato.
Più in generale, l'attività informativa verso l'eversione ideologica ha posto in luce una ragnatela di connessioni tra soggetti con differente "ragione sociale" - incluse talune espressioni del separatismo europeo - che appare suscettibile di costituire terreno di coltura per il rilancio di strategie antisistema giocate sull'accentuazione dell'antioccidentalismo.
Gli attacchi di settembre e l'avvio delle operazioni militari in Afghanistan hanno ridefinito, nei fatti, il quadro di riferimento dell'azione informativa, che - a supporto e a tutela degli interessi nazionali ed in pieno raccordo con l'allargato contesto di cooperazione interstatuale - ha dovuto misurarsi con un repentino ampliamento degli ambiti di attenzione e con le incidenti ricadute della congiuntura sull'evoluzione dei teatri esteri di maggiore rilevanza.
Il monitoraggio dell'intelligence, che ha prioritariamente ricompreso l'Asia centromeridionale, il Medio Oriente, l'Africa mediterranea e nordorientale ed i Balcani, ha così enucleato, di volta in volta, indicatori di minaccia correlati all'accelerazione o all'arretramento di processi già in atto, all'interazione del radicalismo confessionale con altri fattori di rischio, all'insorgenza di problemi inediti e nuove emergenze umanitarie.
a. Asia centro-meridionale
In Afghanistan, prima dell'intervento della coalizione internazionale, l'arresto in agosto di 24 membri di un'organizzazione non governativa statunitense, di cui otto cittadini occidentali, ed il rafforzamento della collaborazione tra la dirigenza talebana e Bin Laden avevano evidenziato un'accentuazione della connotazione fondamentalista del regime. Il riconoscimento per il sostegno ottenuto dalla leadership afghana veniva sancito da un giuramento di fedeltà al mullah Omar da parte dei membri dell'organizzazione Al Qaida. In tale clima maturava il rifiuto di consegnare, dopo l'11 settembre, Bin Laden a Washington e l'esortazione alla mobilitazione dei musulmani contro gli eventuali "aggressori" del Paese.
A conferma del ruolo guida che tale regime svolgeva nell'ambito del fondamentalismo islamico, talune indicazioni attestavano che numerosi estremisti - provenienti principalmente dall'Arabia Saudita, dai Territori Palestinesi, dai Paesi del Golfo e dall'Europa - erano giunti in Afghanistan per addestrarsi nei campi gestiti da Al Qaida.
Sul piano militare, la situazione era caratterizzata dal protrarsi della conflittualità nell'area settentrionale, tra le milizie talebane e le forze dell'Alleanza del Nord, guidate dal generale Massud, poi ucciso a seguito di un attacco suicida compiuto da due estremisti islamici, verosimilmente collegati a Bin Laden. Attentato, questo, che appare riconducibile ad un'offensiva pianificata su più fronti, concertata dai talebani e dallo sceicco saudita, comprendente anche le successive azioni terroristiche negli USA.
Lo scenario interno è radicalmente mutato con l'intervento della coalizione internazionale, che ha determinato la caduta del regime radicale islamico e la neutralizzazione della rete afghana di Al Qaida, creando le premesse per la pacificazione del Paese, culminata con l'accordo raggiunto in occasione della conferenza di Bonn. La prima fase del processo di trasformazione politica si è conclusa il 22 dicembre con l'insediamento di un governo ad interim in vista della convocazione di una Loya Jirga d'emergenza (assemblea dei capi tribù e dei notabili) per la nomina di un esecutivo di transizione, deputato a guidare il paese sino allo svolgimento di elezioni politiche e a redigere la nuova costituzione. Tanto la distribuzione degli incarichi di vertice, quanto il ruolo della forza di pace hanno però fatto registrare divergenze tra le principali componenti afghane. Gli sviluppi interni sono seguiti con particolare attenzione dagli Stati limitrofi, interessati a consolidare il proprio ruolo nella regione.
Sotto il profilo della sicurezza, lo scenario continua ad essere critico a causa della perdurante presenza di sacche di resistenza costituite da combattenti appartenenti alle milizie talebane e ad Al Qaida, che potrebbero condurre attività di guerriglia ed azioni terroristiche contro le truppe del governo e la forza internazionale di pace. Le condizioni umanitarie restano difficili in quanto l'afflusso dei rifornimenti è stato ostacolato dalla precarietà delle vie di comunicazione stradale, rese insicure anche dalla presenza di mine e dall'attività di sodalizi criminali e di gruppi di miliziani sbandati. La distribuzione degli aiuti, peraltro, è destinata a migliorare gradualmente con il rafforzamento del dispositivo di sicurezza su tutto il territorio ed il ripristino dei collegamenti aerei e viari.
Notevoli sono state le ripercussioni che la particolare congiuntura innescata dagli attacchi alle Twin Towers ha determinato in Pakistan, la cui situazione interna era, peraltro, già connotata dal susseguirsi di attentati in varie località del Paese riconducibili a tensioni tribali ed a contrasti tra sette sciite e sunnite. La decisione di Islamabad di schierarsi con la coalizione internazionale nelle operazioni contro l'Afghanistan ha suscitato violente manifestazioni. A questo riguardo l'appello di Bin Laden ai suoi seguaci di colpire interessi occidentali e pakistani ha contribuito ad innalzare la minaccia di azioni eversive in quel territorio. Inoltre, dopo la caduta del regime di Kabul, lo sconfinamento di molti esponenti di Al Qaida ha agevolato forme di interazione operativa tra elementi collegati allo sceicco di origine saudita ed appartenenti ai gruppi estremisti endogeni, intenzionati a proseguire in territorio pakistano la jihad contro il governo e gli occidentali.
La risposta di Islamabad si è tradotta nell'adozione di una serie di provvedimenti miranti ad aumentare la sorveglianza nei campi profughi, per impedire ai terroristi di rifugiarvisi, a rafforzare il dispositivo di sicurezza nella zona prospiciente il confine afghano, per contenere le infiltrazioni dei combattenti di Al Qaida, e ad incrementare i controlli nei confronti degli ambienti islamici pakistani, sospettati di fornire supporto ai gruppi radicali locali e stranieri.
La cornice di sicurezza è risultata condizionata, oltre che dalla minaccia terroristica, dalla recrudescenza delle faide interconfessionali - soprattutto di matrice anticristiana, coincidente con il diffondersi di sentimenti antioccidentali - e dall'inasprimento dei rapporti con l'India, innescatosi con la ripresa delle attività della guerriglia separatista contro le unità di stanza in Kashmir ed a seguito dell'azione suicida, il 13 dicembre, ai danni del parlamento indiano.
La reazione della dirigenza di New Delhi, concretizzatasi nel potenziamento del dispositivo militare schierato lungo la linea di controllo che separa il Kashmir indiano da quello pakistano, ha introdotto un ulteriore elemento di tensione in un contesto regionale caratterizzato da forte instabilità. A tale mobilitazione ha corrisposto l'adozione di analoghe misure da parte di Islamabad.
Nelle Repubbliche dell'Asia centrale ex sovietica il rischio di iniziative destabilizzanti di matrice terroristica islamica è aumentato in ragione del sostegno offerto dai governi locali alle operazioni della coalizione in Afghanistan. Nell'ultimo periodo, il pericolo di attentati è scaturito anche dalla circostanza che l'area è divenuta meta di elementi talebani e combattenti di Al Qaida in fuga. Al riguardo, si evidenzia che:
- in Kazakhstan, le autorità hanno rafforzato le misure di controllo sui gruppi estremisti islamici, sostenuti da Bin Laden, che hanno intensificato la loro attività di propaganda;
- segnali di un'incrementata operatività delle frange radicali sono stati colti anche in Kirghizistan, nelle cui regioni settentrionali la diffusione delle istanze integraliste si è avvalsa tra l'altro, di ONG confessionali operanti nel Paese;
- in Tagikistan è stata costituita un'unità speciale per contrastare l'attività di oltranzisti infiltrati tra i profughi afghani presenti nelle aree lungo il confine comune. Altro fattore di instabilità è derivato dal rischio di una intensificazione degli scontri tra unità governative ed elementi dell'opposizione armata, che, sostenuta in passato dai talebani e da Bin Laden, da tempo conduce azioni di guerriglia contro le forze regolari. A sostegno del dispositivo militare tagiko, che è apparso inadeguato a fronteggiare la critica situazione di sicurezza, i comandi militari russi hanno rafforzato le unità di stanza nel Paese, anche al fine di scongiurare l'afflusso di terroristi;
- in Turkmenistan, l'attività dei gruppi radicali islamici locali non ha assunto particolare rilievo, tenuto conto delle misure adottate dal regime. I luoghi di culto sono stati posti sotto stretta sorveglianza per evitare che si trasformino in centri di diffusione del fondamentalismo, e, al contempo, è stato potenziato il sistema di controllo lungo il confine con l'Afghanistan. Carenze nel dispositivo di sicurezza potrebbero, peraltro, favorire eventuali infiltrazioni di elementi legati a Bin Laden;
- per scongiurare quest'ultima evenienza, ed ostacolare il rientro di militanti di formazioni endogene che hanno combattuto a fianco del regime afghano, in Uzbekistan il governo ha introdotto restrizioni all'accesso ed alla permanenza nelle regioni meridionali, ponendo limitazioni anche al personale delle rappresentanze diplomatiche, delle organizzazioni internazionali ed ai corrispondenti stranieri. Le misure di sicurezza sono state ulteriormente rafforzate anche nei pressi della base utilizzata da velivoli militari statunitensi.
b. area mediorientale
I reiterati tentativi di rilancio del dialogo israelo-palestinese sono stati vanificati da dinamiche di aperta conflittualità, scandite da sistematiche spirali ritorsive e di violenza terroristica. L'esigenza di corrispondere alle aspettative della comunità internazionale per la ripresa del processo di pace ha solo in parte influito su scelte politiche fortemente condizionate dalla fragilità degli equilibri interni e, soprattutto, dalle pressioni dei settori più intransigenti.
Su questo specifico contesto, gli eventi dell'11 settembre sono apparsi di più articolata incidenza rispetto ad altre realtà del mondo arabo: l'accresciuta vitalità di fazioni dell'oltranzismo laico palestinese - culminata, in ottobre, nell'assassinio del ministro israeliano Zeevi - è valsa a testimoniare come, per certi versi, il conflitto in quest'area proceda secondo logiche proprie, difficilmente riconducibili ai paradigmi di confronto con un islamismo radicale che pure, nelle sue strategie mediatiche, riserva indubbia centralità alla questione palestinese. Nel contempo, tuttavia, la maggiore permeabilità della popolazione dei Territori al messaggio integralista, favorita dall'aggravamento delle condizioni di vita, ha delineato un graduale sbilanciamento del consenso verso le organizzazioni estremiste di matrice religiosa, anche esse mostratesi determinate a riaffermare il proprio peso con un mirato disegno offensivo all'interno dei confini di Israele, oltre che ai danni di insediamenti colonici. Hanno trovato ulteriori riscontri pregresse indicazioni attestanti il sostegno assicurato alle varie componenti oltranziste arabe di Cisgiordania e Gaza da soggetti e gruppi presenti in altri contesti nazionali, segnatamente sulla scena libanese. Consolidati legami di natura logistica ed addestrativa sono parsi evolversi in forme di coordinamento operativo lasciando ipotizzare, in taluni casi, una partecipazione nell'arena palestinese di esogene formazioni antiisraeliane. Altre evidenze hanno posto in luce il rischio di una esportazione delle attività violente al di fuori del teatro mediorientale da parte di organizzazioni sinora impegnate nei luoghi di origine.
Sia per il pericolo di ulteriori aggravamenti della situazione nello scacchiere in argomento, sia sotto il profilo della minaccia terroristica, sono stati seguiti con attenzione, in Libano, gli episodi di tensione tra guerriglia sciita e forze israeliane lungo il confine con lo Stato ebraico, nonché l'attivismo di elementi contigui alla rete di Bin Laden. Nel contempo, hanno inciso sugli sviluppi interni: malumori per il mancato risanamento economico, cui è verosimilmente da riconnettersi la ripresa delle coltivazioni di canapa indiana nelle aree più depresse; fermenti nazionalistici, talora interagenti con il latente antagonismo interreligioso; disaccordi tra le più alte cariche dello Stato per la perdurante influenza siriana su questioni essenziali, specie in tema di sicurezza e politica estera.
L'intento di giustificare, come espressione di movimenti di resistenza, l'attività delle milizie sciite e di altri gruppi di lotta contro Israele ha qualificato la posizione di taluni stati del quadrante rispetto alla coalizione internazionale contro il terrorismo. Su questa linea si attesta la Siria, in una varietà di toni che riflette un articolato quadro interno in cui le spinte verso il rinnovamento, la liberalizzazione economica ed il pragmatismo politico ancora convivono con istanze di stampo conservatore.
In Giordania il confronto tra modernizzazione e tradizione si è più decisamente conformato sulla dialettica tra la dirigenza moderata e la componente islamica, che, già spostatasi verso atteggiamenti di più marcata opposizione al governo in relazione alla crisi palestinese ed ai rapporti con Israele, ha accentuato la propria connotazione anti-occidentale e, conseguentemente, la propria carica antagonista nei confronti delle opzioni di politica estera intrapresa da Amman. Quanto all'azione di contrasto svolta dalle autorità giordane, oltre ai numerosi provvedimenti restrittivi adottati nei confronti di frange dell'integralismo domestico, particolare rilievo ha assunto l'individuazione di due cellule terroristiche ritenute legate ad ambienti esteri.
In Iran, le iniziative mediatiche e repressive assunte dalla corrente conservatrice al fine di scoraggiare l'assunzione di atteggiamenti filo-statunitensi si sono accompagnate, in concomitanza con l'avvio delle operazioni militari in Afghanistan, ad un vero e proprio confronto istituzionale, mirante a ridimensionare la dirigenza moderata, dichiaratasi più disponibile alla cooperazione con Washington. In questo contesto, l'eventualità di nuove battute d'arresto o, addirittura, di arretramenti nel processo riformista costituisce di per sé fattore di rischio: per gli equilibri interni, attesa la montante protesta dei settori progressisti più avanzati, ma anche per l'evoluzione delle vicende mediorientali e centroasiatiche, rispetto alle quali un ritorno agli orientamenti strategici del conservatorismo radicale potrebbe porsi in chiave destabilizzante.
In Iraq, il quadro istituzionale è stato caratterizzato da una serie di avvicendamenti che, interessando prevalentemente la compagine governativa e gli organismi di sicurezza, hanno mirato a consolidare il ruolo politico dei figli di Saddam Hussein in vista di una eventuale successione nella carica di capo dello Stato.
Dopo gli attacchi di Washington e New York segnali di una certa preoccupazione del rais in merito all'eventualità di azioni militari internazionali contro il proprio territorio appaiono rintracciabili nell'adozione di talune misure precauzionali.
Per quel che concerne l'opposizione etnica e religiosa, si è registrata la ripresa dell'attivismo dei gruppi sciiti, culminata, in novembre, in un attentato contro alcuni edifici governativi siti nella capitale. Nelle aree prospicienti il confine con l'Iran sono stati segnalati scontri tra milizie curde e guerriglieri integralisti, legati a taluni ambienti del Golfo e presumibilmente finanziati da Al Qaida.
In politica estera, un nuovo dinamismo nei rapporti con i Paesi d'area si ricollega alla strategia di confronto con le posizioni ONU.
Gli sviluppi internazionali seguiti agli attacchi in USA hanno inciso con particolare virulenza sulle monarchie della penisola arabica, sia per quel che concerne gli aspetti interni sia per le connesse proiezioni di politica estera. Accanto al potenziale destabilizzante insito nei messaggi di Bin Laden, espressione di un progetto dichiaratamente inteso a sovvertire i regimi del Golfo, sono stati rilevati numerosi indicatori di interesse, quali: la presenza, nella regione, di aree di sostegno e fiancheggiamento alla rete del leader islamista; l'atteggiamento provocatorio assunto dai circoli religiosi più oltranzisti in risposta a direttive di governo intese a proibire appelli alla jihad; le resistenze di influenti settori degli apparati di potere a rivedere la tradizionale linea di assistenza finanziaria in favore di taluni enti ed organizzazioni di natura confessionale utilizzati dal terrorismo sunnita; il graduale diffondersi di sentimenti di intolleranza nei confronti degli occidentali. Tutti questi elementi - che hanno concorso a determinare un quadro di accresciuto pericolo per i cittadini statunitensi ed europei in loco - hanno costituito altrettanti fattori di preoccupazione per quelle amministrazioni, imponendo, talora, una rimodulazione, in termini di minore visibilità, delle iniziative a sostegno della coalizione internazionale. Nel quadro descritto sembrano collocarsi, con riferimento all'Arabia Saudita, l'attentato di Al Khobar (6 ottobre), nel quale hanno perso la vita un americano ed un britannico, il tentativo di aggressione ai danni di un membro del corpo diplomatico tedesco a Riyad, i violenti disordini a La Mecca, nonché le notizie concernenti il fermo di numerosi giovani sauditi in procinto di espatriare per unirsi alle milizie talebane e l'arresto di alcuni militari ritenuti vicini, quanto meno ideologicamente, a Bin Laden.
In Kuwait, i locali apparati di sicurezza hanno raccolto informazioni in ordine al possibile compimento di attentati contro i contingenti occidentali da parte di estremisti islamici. Analoghe indicazioni hanno interessato l'Oman, ove è segnalata la presenza di cellule di Al Qaida, e gli Emirati Arabi Uniti, il cui impegno nel contrasto al terrorismo si è tradotto, fra l'altro, nell'adozione di norme più severe in tema di riciclaggio e nel congelamento dei conti bancari di associazioni a vario titolo collegate con l'organizzazione dello sceicco di origine saudita.
La rinnovata cooperazione tra lo Yemen e gli Stati Uniti ha posto le premesse per l'adozione di nuove misure ad opera del governo di Sana'a nei confronti degli integralisti presenti entro i propri confini. Rientrano in questo contesto la chiusura dell'università Al Iman, gestita da un esponente di spicco dell'estremismo islamico yemenita, e la cattura di diverse centinaia di elementi sospettati di legami con ambienti contigui al regime dei talebani. Tra gli arrestati figurerebbero anche militanti di Al Qaida che avrebbero ammesso pregressi contatti con alcuni dei responsabili degli attentati di New York e Washington. L'eventualità che nel Paese possano maturare nuove iniziative di sostegno agli uomini di Bin Laden, ovvero radicarsi situazioni di fiancheggiamento a militanti provenienti dal contesto afghano, assume concretezza alla luce non solo delle saldature tra formazioni estremiste locali ed ambienti dell'integralismo internazionale, ma anche degli ampi margini di agibilità di alcune componenti tribali che, non riconoscendo l'autorità del governo, risultano restie ad ogni forma di controllo.
c. area nordafricana
Il monitoraggio informativo degli sviluppi di situazione in Nordafrica - prioritariamente rivolto alle connessioni di quei contesti territoriali con il fenomeno dell'estremismo confessionale ed alla correlata possibilità che quei Paesi costituiscano bacini di irradiazione di elementi radicali - è stato particolarmente incrementato a seguito degli attentati perpetrati oltreoceano, anche in un'ottica di collaborazione informativa internazionale finalizzata al contrasto del terrorismo. centrale resta, in tale quadro, la situazione in Algeria, segnata dalla perdurante azione - di recente estesasi ai centri urbani, compresa la capitale - di gruppi armati islamisti ritenuti contigui ad Al Qaida ed i cui militanti si sono distinti, in raccordo con elementi di nazionalità tunisina e marocchina, per un sostenuto attivismo anche nel nostro Paese. All'offensiva terroristica ha corrisposto l'ulteriore rafforzamento del dispositivo di sicurezza, tradottosi, tra l'altro, nella stipula di accordi di cooperazione con Stati confinari come la Tunisia.
Nonostante l'impegno della dirigenza algerina nel contrasto all'integralismo - da ultimo concretizzatosi nella sospensione temporanea delle attività delle associazioni islamiche - il quadro resta segnato da problemi socio-economici, che costituiscono potenziale ambito di innesto della propaganda estremista. Ne sono riprova le tensioni nella regione nord-orientale della Cabìlia, ove le manifestazioni di protesta della popolazione berbera sono spesso sfociate in violenti scontri con le forze di sicurezza.
Un'intensa attività di prevenzione e repressione nei confronti della minaccia di matrice islamica caratterizza anche la scena libica, ove l'esigenza di contenere le spinte confessionali si è tradotta pure in iniziative di riconciliazione nei confronti delle formazioni laiche di opposizione. Ciò, in un contesto in cui i più recenti avvicendamenti operati in seno all'esecutivo sembrano finalizzati a consolidare gli attuali equilibri di potere. La stabilità interna ha consentito a quella diplomazia di imprimere nuovo impulso all'azione tesa a consolidare le relazioni con gli Stati dell'Europa mediterranea, nell'ambito di una linea che aspira a completare il processo di normalizzazione con l'Occidente sul piano internazionale ed a conferire a Tripoli un ruolo chiave a livello continentale. In tale disegno si inserisce l'avvio di forme di collaborazione in materia di lotta all'eversione di matrice islamica, pur se non mancano segnali controversi per quanto riguarda le scelte in taluni settori particolarmente sensibili.
Del pari stabile risulta la situazione in Egitto, che ha fatto registrare il potenziamento delle misure di contrasto nei confronti delle organizzazioni islamiche e delle formazioni estremiste, sfociate, tra l'altro, nell'arresto di numerosi militanti. Quanto ai riflessi degli episodi terroristici di settembre, la decisione del presidente - che pure ha palesato la massima disponibilità a fornire supporto agli USA nelle indagini - di non partecipare alle operazioni militari in Afghanistan ha riscosso ampi consensi da parte dei principali organismi islamici del Paese, contribuendo a consolidare la sua posizione rispetto agli ambienti estremisti, che hanno dato voce a critiche per l'assenza da parte dei circoli moderati di iniziative di sostegno ai talebani.
d. Corno d'Africa ed Africa subsahariana
La situazione interna si è progressivamente stabilizzata, in Etiopia, dopo la grave crisi istituzionale verificatasi in seno alla dirigenza. Il governo ha condannato gli attacchi antistatunitensi ed ha intensificato le iniziative tese a contrastare l'attività entro i propri confini del gruppo estremista somalo Al-Ittihad Al-Islami (AIAI), legato ad Al Qaida. Il timore di attentati ha indotto ad incrementare le misure di sicurezza nella capitale ed a disporre il ritiro di tutto il personale delle organizzazioni non governative operanti nella regione dell'Ogaden. Più in generale, è stata rafforzata la cooperazione internazionale, segnatamente con gli Stati Uniti.
In Eritrea, si è registrato un inasprimento della repressione contro la dissidenza, concretizzatosi nell'arresto di personalità politiche e militari e nella chiusura degli organi di stampa indipendenti. La deriva autoritaria ha suscitato reazioni da parte dei principali Paesi donatori, portando ad una frizione nei rapporti diplomatici. Anche le relazioni con gli Stati Uniti hanno subito un certo deterioramento dopo l'arresto di due cittadini eritrei impiegati presso la locale sede diplomatica. Tali vicende hanno avuto ripercussioni immediate sui programmi bilaterali e multilaterali, con un conseguente riavvicinamento di Asmara a taluni Paesi dell'area.
In Somalia, la situazione permane caratterizzata da estrema instabilità. Il Governo di Transizione Nazionale (GTN) controlla solo parte di Mogadiscio e delle aree centromeridionali, mentre, a causa del fallito tentativo di avviare un'attività di riscossione dei tributi anche nelle zone della capitale dominate dall'opposizione, resta dipendente dagli aiuti finanziari dei commercianti e di alcuni Stati della Lega Araba. Nell'area meridionale, continuano a verificarsi scontri tra le formazioni armate che si contendono il controllo del territorio.
Il Paese ha assunto maggiore visibilità sulla scena estera dopo le accuse mosse al GNT di avere legami con l'AIAI e, quindi, indirettamente, con Al Qaida. Le forze della coalizione internazionale hanno intanto intrapreso un'attività di pattugliamento delle coste per impedire il transito di elementi legati a gruppi terroristici.
Il timore di interventi militari avrebbe determinato un'esfiltrazione dal Paese di esponenti di rilievo dell'AIAI, verosimilmente diretti nell'area del Golfo, ed iniziative di mimetizzazione nello stesso tessuto sociale somalo ad opera degli altri militanti dell'organizzazione. Secondo altre indicazioni, estremisti legati a Bin Laden avrebbero iniziato a reclutare volontari nel Puntland da impiegare in azioni contro interessi occidentali ed a sostegno di Al Qaida.
In tale ambito, è stata disposta dai governi occidentali la sospensione dell'attività della holding finanziaria al-Barakaat, operante in Somalia e con filiali in tutto il mondo, accusata di essere una delle fonti di autofinanziamento di Al Qaida, mediante le commissioni sulle rimesse dei cittadini somali residenti all'estero.
Il contesto sudanese continua ad essere caratterizzato da forti contrasti tra il presidente al-Beshir e l'ideologo islamico al-Turabi, con conseguente rafforzamento delle misure di controllo nei confronti degli attivisti del Partito del Congresso Nazionale Popolare e di elementi delle forze armate sospettati di collusione con al-Turabi. Sul piano della sicurezza, a causa del perdurante clima di conflittualità nelle regioni meridionali, è stato prolungato lo "stato di emergenza" per tutto il 2002.
Per quanto concerne gli attentati negli Stati Uniti, la disponibilità palesata dal presidente a sostenere la campagna internazionale contro il terrorismo islamico non avrebbe ricevuto unanime consenso negli ambienti politici e religiosi. In particolare, sarebbe stata oggetto di critiche la collaborazione offerta agli USA nell'ambito delle indagini volte ad individuare eventuali fiancheggiatori di Bin Laden. Anche all'interno delle principali organizzazioni islamiche locali sarebbe presente una corrente di impronta antioccidentale. Va rilevato, comunque, che le autorità religiose, pur avendo inizialmente stigmatizzato l'eventualità di operazioni militari statunitensi, hanno assunto un atteggiamento più defilato.
Nell'ambito della cooperazione con l'Egitto nel settore della sicurezza, si colloca la recente estradizione a Il Cairo di elementi detenuti in Sudan appartenenti ad un gruppo estremista egiziano, tra cui figurerebbe anche il suo leader, affiliato ad Al Qaida.
e. area balcanica
La vitalità delle istanze autonomiste nella Repubblica Federale di Jugoslavia (RFJ) costituisce dato ricorrente in una realtà articolata, ove all'irrisolto contenzioso tra Belgrado e Podgorica si accompagnano il problematico evolversi di rapporti interni ed il pericoloso convergere di fenomeni di particolare impatto sulla sicurezza. Dissonanze con la presidenza federale, per lo più in tema di collaborazione con il Tribunale Penale Internazionale, hanno rallentato, in Serbia, l'andamento del cammino riformista. Fermenti in Vojvodina hanno caratterizzato sia la maggioranza serba che la componente magiara ed anche in Sangiaccato, ove è stato registrato l'incrementato attivismo dei commerci illegali, hanno trovato spazio, nella dialettica politica, spinte indipendentiste protese verso l'annessione alla Bosnia-Erzegovina. La possibilità di involuzioni in Serbia meridionale è stata testimoniata dalla creazione di un nuovo gruppo armato dell'etnia albanese e dalla ripresa degli attentati ai danni delle forze di sicurezza serbe e di esponenti della comunità albanese che hanno aderito alla costituenda polizia multi-etnica. In Kosovo indicazioni di progettualità terroristiche, specie in direzione del personale internazionale, hanno riguardato tanto l'estremismo di matrice etnica quanto il radicalismo islamico, entrambi correlati ad un mercato dell'illecito di cui la criminalità locale e transnazionale costituisce principale referente. Atteso il potenziale espansivo dell'oltranzismo etnico albanese, sono stati seguiti con attenzione taluni segnali di contaminazione che hanno interessato il territorio del Montenegro. Nella Fyrom, gli sviluppi seguiti all'accordo di pace siglato in agosto tra la guerriglia e l'apparato macedone hanno posto in luce il progressivo attivismo delle componenti più radicali di entrambi gli schieramenti. La portata destabilizzante delle frange separatiste ha peraltro trovato un fattore di moltiplicazione nelle crescenti connessioni con le omologhe formazioni operanti in altri contesti della regione,
con sodalizi delinquenziali e trafficanti d'armi e, soprattutto, con realtà dell'estremismo islamico radicate sul territorio. Specifico rilievo assumono, a quest'ultimo riguardo, le funzioni di raccordo svolte da talune organizzazioni non governative locali, interessate a promuovere sinergie tra militanza integralista e guerriglia separatista, e potenzialmente in grado di assicurare copertura a terroristi in transito diretti in Occidente.
Anche alla luce di pregresse risultanze, è stato considerato il pericolo di un coinvolgimento degli ambienti fondamentalisti in Albania nel supporto logistico alle cellule del radicalismo islamico. Sono emersi all'attenzione, in particolare, taluni nuclei di estremisti, ufficialmente impegnati in attività di proselitismo religioso nella regione, in possesso di consistenti risorse finanziarie. Nel medesimo contesto, sono stati individuati istituti creditizi ed imprese sospettati di contiguità con la rete di Bin Laden. Il rischio di esfiltrazioni dal suolo albanese di elementi controindicati appare tanto più concreto, per quel che concerne il nostro Paese, in relazione alla possibilità di saldature con gli agguerriti sodalizi criminali schipetari, che gestiscono i principali canali dell'immigrazione clandestina tra le due sponde dell'Adriatico. L'elevata incidenza dei fenomeni delinquenziali si pone, inoltre, quale endemico fattore di vulnerabilità in un tessuto socio-economico ancora segnato dalle difficili condizioni di vita.
Il repentino innalzamento della minaccia terroristica seguito all'11 settembre e, soprattutto, all'avvio delle operazioni in Afghanistan, si è accompagnato, in Bosnia-Erzegovina, a strumentalizzazioni propagandistiche - anche in chiave antiislamica - e ad un generalizzato aggravamento della cornice di sicurezza dovuto alla marcata invasività delle organizzazioni criminali. Con riferimento alla Federazione Croato-Musulmana sono state raccolte indicazioni concernenti progettualità violente in danno di obiettivi internazionali, la presenza di cellule riconducibili ad Al Qaida, contiguità tra ambienti integralisti e settori nazionalisti ultra radicali, il diffondersi di sentimenti anti-occidentali. È emerso l'accentuato attivismo - talora in seno ad associazioni di ispirazione confessionale - prevalentemente finalizzato al reclutamento ed all'addestramento di militanti, nonché al reperimento di armi, anche in collusione con la malavita. Forme di cooperazione tra sodalizi delinquenziali ed estremismo serbo-bosniaco sono state invece rilevate nella Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina.
L'interesse della criminalità organizzata a ricercare itinerari alternativi lungo la direttrice est-ovest si è tradotto in un aumento dei fenomeni illegali in Croazia. Anche qui da parte dell'estremismo islamico non sono mancati tentativi di infiltrazione, verosimilmente legati all'esigenza di stabilire nuove basi logistiche.
f. quadrante euroasiatico
L'amministrazione presidenziale in Russia ha assegnato prioritaria valenza alle attivazioni sulla scena estera ed ai rapporti con l'Occidente. Il ruolo di impulso e coordinamento che da tempo il Cremlino va svolgendo, in ambito regionale, nella lotta all'estremismo islamico si è raccordato con gli altri interventi della coalizione internazionale, sviluppando sinergie di notevole rilevanza, sia sotto il profilo del contrasto al terrorismo che per le prospettive di stabilizzazione del quadrante centroasiatico. L'esposizione di Mosca a possibili iniziative di ritorsione ad opera di ambienti dell'integralismo resta comunque prevalentemente legata all'irrisolta crisi cecena ed al confronto militare con formazioni guerrigliere che ricevono dall'esterno flussi di volontari e risorse finanziarie.
I fermenti in vista delle elezioni parlamentari fanno registrare, in Ucraina, l'ingerenza di ambienti contrari alle riforme strutturali, necessarie all'economia del Paese, ed il reiterarsi di episodi di intimidazione nei confronti degli organi di informazione. La presenza di movimenti islamici, ancorché mai evidenziatisi per iniziative eversive, non lascia escludere l'eventualità che il territorio ucraino possa costituire via di transito per integralisti di altra nazionalità. Sulla cornice di sicurezza incide altresì l'attivismo della criminalità organizzata, sia in termini di recrudescenza delle azioni cruente antistatuali, sia per l'invasività nei circuiti creditizi ed imprenditoriali.
Nuove tensioni politiche in Belarus sono connesse con le misure di repressione del dissenso disposte dal potere presidenziale, anche nei confronti di testate giornalistiche. Hanno rivestito interesse talune attivazioni di politica estera che potrebbero riflettersi negativamente sulle prospettive di riavvicinamento all'Occidente.
In Moldova, sembrano destinati ad acuirsi i contrasti tra il governo centrale e le posizioni secessioniste dell'autoproclamata repubblica del Trans Dnestr e della regione autonoma della Gagauzia. Quanto ai fenomeni delinquenziali, aggressivi sodalizi endogeni gestiscono sul territorio lucrosi traffici di droga ed armi, mentre talune situazioni locali di corruzione favoriscono il passaggio di flussi migratori clandestini.
Nelle repubbliche caucasiche della Comunità degli Stati Indipendenti, la situazione permane tesa per l'instabilità dei quadri politici interni e per i contenziosi interetnici e territoriali. In particolare, in Armenia si sono ulteriormente deteriorati i rapporti tra il capo dello Stato e le forze del dissenso, che ne chiedono la destituzione, accusandolo di aver contributo all'aggravamento delle condizioni socio-economiche, ed invocano modifiche costituzionali per ridurre le prerogative presidenziali. Prosegue la fase di stallo nei negoziati con l'Azerbaigian per la soluzione della crisi del Nagorno-Karabàkh, che condiziona fortemente la linea politica dei due governi sul piano interno ed internazionale.
Nel contesto azero, il recente arresto di un esponente islamico, già accusato di spionaggio a favore dell'Iran, accentua i timori di Baku circa la possibilità che Teheran sfrutti i movimenti islamici locali per rafforzare la propria influenza nell'area. La precarietà della situazione sociale e l'alto livello della corruzione hanno alimentato un diffuso malcontento, che potrebbe favorire l'opera di proselitismo dei movimenti fondamentalisti.
In Georgia, ove le proteste popolari per il deterioramento delle condizioni socioeconomiche hanno indotto il capo dello Stato a destituire il governo, lo stato di tensione è ulteriormente aggravato dalla recrudescenza degli scontri, lungo il confine con la repubblica secessionista dell'Abkhazia, tra le milizie locali e nazionalisti georgiani, e l'inasprimento dei rapporti con Mosca per la presenza nell'area orientale di gruppi di guerriglieri ceceni. Per scongiurarne l'infiltrazione nel proprio territorio, la Russia ha disposto il rafforzamento del dispositivo di sicurezza lungo la frontiera cecena.
L'analisi dei flussi clandestini che interessano il territorio nazionale conferma l'inscindibile connessione del fenomeno migratorio con l'attivismo di ramificati sodalizi criminali, che evidenziano strutturazione composita, quanto a nazionalità dei componenti, ed integrata, quanto a modalità operative.
La movimentazione dei migranti su scala internazionale ha comportato una frammentazione gestionale delle varie fasi dei traffico, che - ponendosi quale rilevante fonte di introiti e di veicolazione di "beni" illegali di maggior spessore criminale, in particolare di droga - annovera ormai una molteplicità di "attori" illeciti che agiscono in combinazione sinergica e cui non di rado vengono appaltate o subappaltate singole tratte del percorso o specifici momenti logistici.
In tale ambito, la ricerca d'intelligence è stata finalizzata ad acquisire ed approfondire elementi concernenti l'attivismo in Italia delle articolazioni delle organizzazioni transnazionali operanti nel settore, le loro connessioni con gruppi presenti nei contesti di reclutamento e smistamento dei clandestini - cui è affidata la gestione degli aspetti organizzativi e finanziari dei viaggi in direzione delle coste italiane - e le strategie adottate al fine di eludere i dispositivi di controllo.
In questo quadro, resta prioritario il ruolo delle consorterie albanesi e turche, forti di una consolidata "specializzazione" criminale, di duttili ed articolati apparati logistici e di ampie reti di connivenza. In particolare, numerose evidenze testimoniano l'acquisita capacità di modificare gli itinerari e diversificare i mezzi di trasporto, come attestato dal sempre più frequente impiego di mercantili a fianco degli scafi veloci che veicolano verso il nostro Paese flussi clandestini, sovente diretti verso altre destinazioni finali, provenienti da quadranti geopolitici segnati da perdurante instabilità sociale ed istituzionale e, pertanto, destinati a restare scaturigine di partenze illegali. Tuttora centrale appare l'area balcanica, quale luogo di genesi e snodo di movimenti migratori che, dall'Asia, dal sub-continente indiano e dalla Turchia, attingono gli approdi dell'alto e medio Adriatico e le nostre frontiere terrestri del nord-est.
Infatti, oltre alla funzione assegnata ai Balcani dai clan transnazionali - che vi convogliano migranti mediorientali ed asiatici - quell'area alimenta flussi più parcellizzati che trovano la propria origine nella stessa regione e nei territori contermini e puntano all'Europa occidentale seguendo rotte "secondarie" e flessibili.
Accanto all'Albania, teatro dell'attivismo di clan detentori del controllo dei trasferimenti via mare verso l'Italia, ed al Montenegro, transito privilegiato di elementi di nazionalità cinese, appare di rilievo la funzione assunta dal territorio della Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina (RSBE), specie con riferimento alla canalizzazione delle rotte terrestri ed alla sempre più pervasiva presenza di gruppi criminali locali che agiscono spesso quali referenti di organizzazioni turche.
Queste ultime, del resto, godono di una "rendita di posizione" derivante dal ruolo della Turchia quale transito "necessitato" tra Medio ed Estremo Oriente e continente europeo: le coste anatoliche, infatti, continuano a costituire sponda di imbarco privilegiata per clandestini di etnia curda o provenienti dai Paesi asiatici, con centrali gestionali incardinate nei territori ove è più forte la spinta migratoria.
Pari attenzione è stata riservata ai flussi dall'area nordafricana, il cui monitoraggio ha evidenziato il ruolo del territorio libico quale raccordo di direttrici che, provenienti dall'Egitto, dal Corno d'Africa - via Sudan - e dai Paesi dell'Africa centrale, raggiungono le coste italiane direttamente o attraverso "triangolazioni" su Turchia e Malta.
In considerazione di un andamento sostanzialmente costante del fenomeno, l'attività informativa, pur prioritariamente incentrata sulla sua dimensione macrocriminale, non ha mancato di sottolineare i riflessi sul piano interno, in ragione del crescente inserimento di clandestini nei circuiti delinquenziali, in grado di innescare episodi di intolleranza di stampo xenofobo, nonché dei tentativi di strumentalizzazione delle problematiche dell'immigrazione da parte di alcuni settori dell'antagonismo, interessati a sfruttare le situazioni di disagio e di marginalità degli extracomunitari in chiave antisistema.
L'attività svolta a tutela degli interessi nazionali sul territorio ed all'estero ha evidenziato il perdurare della minaccia rappresentata da elementi di Organismi informativi stranieri, nonché da soggetti od organizzazioni di Paesi intenzionati ad acquisire notizie in settori sensibili.
Si sono registrate iniziative intraprese da alcuni Servizi impegnati ad avvicinare e reclutare, talvolta utilizzando strumentalmente situazioni di vulnerabilità personali, cittadini italiani in servizio presso nostre Rappresentanze diplomatiche, enti di ricerca scientifica e strutture militari, nazionali od alleate.
I settori maggiormente oggetto di tentativi di spionaggio continuano ad essere quelli della sicurezza delle comunicazioni e della ricerca scientifica ed industriale; risultano altresì d'interesse le attività ed il personale dei contingenti militari nazionali dislocati in aree di crisi all'estero.
Alcuni agenti stranieri hanno inoltre proseguito l'azione di stretto controllo delle comunità di connazionali presenti in Italia.
Il monitoraggio dei trasferimenti illegali di armi ha mirato all'acquisizione di informazioni su negoziati, accordi e forniture di armamento conclusi in modo occulto o aventi impatto sulla sicurezza nazionale e sul mantenimento della stabilità internazionale ovvero interessanti aree di tensione o Stati sottoposti a restrizioni.
Nell'ambito del flusso esportativo dal nostro Paese, sono stati condotti accertamenti nei confronti di alcune richieste di forniture di armi portatili a Paesi del centro Africa e del Medioriente.
Specifica attenzione è stata destinata ai trasferimenti di materiale militare verso aree “a rischio”, condotti da società internazionali di brokering operanti soprattutto in Europa ed in Medioriente. Sono state fornite, inoltre, conferme in ordine ai persistenti traffici di armi nella regione balcanica, riguardanti prevalentemente il Kosovo e la Macedonia nordorientale.
Con riferimento alle armi di distruzione di massa, è proseguita la ricerca verso i programmi di proliferazione missilistica, in relazione ai quali l'azione di intelligence ha avuto, come punti di riferimento principali, i siti di progettazione, sviluppo e produzione dei relativi sistemi, nonché iniziative di taluni Stati nordafricani e mediorientali ritenuti potenzialmente a rischio in quanto sospettati di svolgere un ruolo attivo nel settore.
Nel comparto chimico-biologico viene verificata l'effettiva conversione di un impianto chimico verso produzioni farmaceutiche. Nello stesso contesto, è stato evidenziato l'attivismo, in campo biologico, di un centro di ricerca straniero di recente creazione. Costante monitoraggio è stato riservato, inoltre, a due Paesi dell'area mediorientale particolarmente impegnati nello sviluppo di programmi bio-chimici.
Per quel che concerne il nucleare, gli esiti della ricerca hanno posto in luce un presunto tentativo di traffico di materiale, nonché una transazione che testimonierebbe la volontà della parte acquirente di riprendere il programma militare precedentemente interrotto.
È stato diramato, inoltre, agli enti interessati il rapporto che compendia lo stato dell'indagine sui traffici di materiali strategici nucleari, relativamente all'anno 2001.
Specifica attività di contrasto è stata, altresì, effettuata nei confronti delle organizzazioni preposte ai progetti e al reperimento delle tecnologie e dei materiali necessari allo sviluppo del comparto (c.d. procurement), così come dei personaggi ed aziende nazionali ed estere coinvolte.
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